Uomini e donne vengono colpiti in egual misura e l’incidenza di accidenti vascolari cresce con l’aumentare dell’età, con una frequenza più elevata dopo i 50 anni
Per occlusioni vascolari retiniche si intendono quadri clinici in cui si verifica un ridotto o assente flusso di sangue nei vasi della retina, con conseguente ischemia del tessuto retinico e brusco calo della vista. Si distinguono occlusioni venose (trombosi) e occlusioni arteriose.
Le occlusioni venose retiniche (trombosi)
Quando il flusso di sangue in una vena retinica si interrompe, si parla di trombosi venosa retinica, essa si può verificare nella vena principale (trombosi venosa centrale) o in un suo ramo (trombosi venosa di branca).
Molteplici possono essere le patologie sistemiche che predispongono allo sviluppo di un’occlusione venosa. Tra queste, quelle che rappresentano un fattore di rischio più frequente sono: ipertensione arteriosa, arteriosclerosi, fumo, occlusioni delle carotidi, diabete, obesità. A esse si associano tutte quelle condizioni di alterata viscosità del sangue o di aumentata trombofilia, per cui il sangue scorre con più difficoltà attraverso i capillari retinici che presentano un calibro molto sottile, tra cui: policitemia, macroglobulinemia, iperomocisteinemia, anticorpi anti-fosfolipidi e uso di contraccettivi orali.
Infine, vi sono patologie oculari che possono predisporre allo sviluppo di una trombosi della vena centrale della retina come: glaucoma, traumi bulbari, vasculiti retiniche e anomalie a carico della porzione iniziale del nervo ottico (papilla ottica e lamina cribrosa).
L’esordio è di solito brusco: si presenta come un’importante e improvvisa diminuzione della vista o un’amputazione del campo visivo, di norma non è associata a dolore, né infiammazione dell’occhio; a volte è anticipata nei giorni precedenti da episodi di cali transitori della vista, seguiti da completa scomparsa della sintomatologia, associati o meno a picchi di ipertensione arteriosa e cefalea.
All’esame obiettivo del fondo dell’occhio si riscontrano numerose emorragie retiniche che, nelle forme di occlusione centrale della retina, appaiono tanto estese da prendere il nome di “emorragie a scoppio di granata”. In tal caso, le vene retiniche appaiono aumentate di calibro e molto tortuose, può esservi un edema della papilla ottica e vi sono generalmente delle zone non perfuse (ischemiche).
La causa del calo visivo è legata alla presenza di un’essudazione di liquido che “rigonfia” la zona della macula (edema maculare) che, nelle forme più importanti, può aumentare lo spessore della regione maculare anche di 3-4 volte. La diagnosi è piuttosto semplice e per porla basta l’esame del fondo dell’occhio alla lampada a fessura. Tuttavia, la visita oculistica può essere arricchita con esami supplementari, allo scopo di valutare la necessità o meno di trattamento.
Esami clinici per individuare trombosi retiniche
Tra gli esami che vengono di norma eseguiti in caso di trombosi venosa retinica i principali sono:
- fluorangiografia per lo studio della vascolarizzazione retinica e l’individuazione delle zone ischemiche;
- OCT per la diagnosi e il follow-up dell’edema maculare.
Posta diagnosi di trombosi venosa retinica, la prima cosa da fare è indagare, diagnosticare e curare l’alterazione sistemica che ha causato il danno oculare. È di fondamentale importanza che venga monitorata attentamente la pressione arteriosa, come pure eseguire un prelievo del sangue alla ricerca di alterazioni della coagulazione, nonché si proceda a dosare l’omocisteina ed eventualmente sia eseguito un doppler delle carotidi.
Nelle giovani pazienti deve essere sempre ricercata l’eventuale assunzione della pillola anticoncezionale. Nei pazienti di età compresa tra i 40 e i 65 anni bisogna prendere in considerazione l’immediata terapia profilattica con farmaci anti-trombotici per l’alto rischio di accidenti cardiovascolari.
Per quanto riguarda la terapia oculare della trombosi venosa, è necessario in prima istanza porre l’attenzione alla gestione dell’edema maculare. Questo, infatti, è il responsabile della perdita della vista e quanto prima viene risolto tanto maggiore sarà la probabilità di un recupero visivo.
Una volta che sia accertata con l’esame OCT la presenza di un edema maculare, la terapia consiste in un’iniezione all’interno della camera vitrea dell’occhio di un farmaco a base di cortisone o di anti-VEGF (lo stesso usato per il trattamento delle maculopatie).
Tale trattamento deve essere eseguito in sala operatoria, in campo sterile, in regime ambulatoriale. Il follow-up mediante visite oculistiche periodiche ed esami OCT potrebbe, nei mesi successivi, evidenziare la necessità di ulteriori iniezioni intra-vitreali, fino alla completa risoluzione dell’edema.
In presenza di un’ischemia retinica periferica, valutata con fluorangiografia, verrà eseguito un trattamento laser fotocoagulativo, per evitare complicanze oculari quali neovasi retinici e iridei, emovitreo, distacchi di retina trazionali e il glaucoma neovascolare.
Le occlusioni arteriose
Sono eventi meno frequenti rispetto alle trombosi venose, ma molto più gravi per quanto riguarda la perdita della funzione visiva, che in buona parte dei casi è del tutto compromessa.
Come per le forme venose, si distinguono occlusioni arteriose centrali o di branca a seconda che sia colpito l’intero albero vascolare o solo un suo ramo. L’evento scatenante è di solito un embolo a partenza da una placca aterosclerotica, da un focolaio di endocardite o da un mixoma atriale; meno frequenti sono le forme trombotiche secondarie, per esempio, a una vasculite o all’arterite temporale. L’esordio è acuto con una perdita pressoché totale della vista, senza dolore e con segni oftalmoscopici classici come pallore retinico, assenza di riflesso pupillare diretto e macula che spicca con un colorito “rosso ciliegia”.
L’albero vascolare appare di norma molto ristretto, a volte con vasi completamente “disabitati”, e non di rado è possibile osservare la rifrangenza dell’embolo che occlude il vaso arterioso. Nelle occlusioni arteriose di branca, se sono risparmiate le arterie che portano il sangue alla macula, è possibile che vi sia una certa conservazione della funzione visiva; nelle occlusioni dell’arteria centrale il visus è di norma irreversibilmente abolito.
La terapia si avvale di farmaci che abbassano la pressione dell’occhio e del massaggio del bulbo oculare per spingere l’embolo in un vaso più periferico, ma tale strategia può funzionare solo se viene praticata non oltre i 60-90 minuti dall’evento. L’occlusione dell’arteria retinica rappresenta una vera e propria emergenza medica per il rischio di eventi ischemici cerebrali (ictus) che possono verificarsi con lo stesso meccanismo, per tale motivo i pazienti devono essere sottoposti a esami urgenti, come doppler delle carotidi ed ecocardiogramma, e presi in carico presso unità di patologie vascolari.