Gli antibiotici sono farmaci di grandissima importanza che hanno migliorato in modo sostanziale la possibilità di cura di moltissime malattie, permettendo di salvare milioni di persone destinate a morire per le infezioni e le loro complicanze
Il primo antibiotico si deve al ricercatore americano Alexander Fleming, che nel 1928 scopri che alcuni funghi impedivano la crescita dei batteri. Da tali funghi si creò la Penicillina che dal 1941 venne prodotta commercialmente negli Stati Uniti. Nel corso degli anni molti nuovi antibiotici vennero sintetizzati a partire dalla penicillina o attraverso sintesi chimica. Oggi abbiamo un grande numero di antibiotici efficaci sulla quasi totalità delle patologie batteriche. Essi continuano ad avere un ruolo cruciale per la sopravvivenza ma, come spesso avviene per ciò che agli occhi di tutti appare come una misura salvavita, l’uso è frequentemente diverso da quello che le loro caratteristiche vorrebbero e soprattutto eccessivo rispetto alle reali indicazioni diagnostiche e terapeutiche.
I batteri sono sicuramente causa di moltissime malattie infettive dalle più semplici alle più complesse e gravi. Tuttavia, le stesse malattie possono essere dovute anche ad altri agenti infettivi: i virus. Tali microorganismi sono però insensibili all’azione degli antibiotici, per cui il loro uso in queste situazioni non solo è inutile, ma anche potenzialmente dannoso perché può uccidere batteri buoni, utili al nostro organismo o aumentare le resistenze batteriche (cioè la capacità di difendersi dagli antibiotici) da parte dei batteri stessi. Questi concetti sono particolarmente importanti e delicati nell’età infantile, dove sono molto frequenti le malattie e le infezioni e dove l’uso dei farmaci deve essere valutato con molta attenzione per evitare tossicità, resistenze batteriche o fenomeni di allergia o intolleranza.
Sappiamo che in età infantile l’80% delle infezioni è di origine virale (soprattutto contratte nei nidi, asili e scuole), quindi per sua natura benigna e che si risolve quasi sempre spontaneamente. Le infezioni più frequenti nell’infanzia sono indicate nella tabella 1.
APPARATO | INFEZIONE |
VIE RESPIRATORIE | FARINGO-TONSILLITE |
OTITE MEDIA | |
SINUSITE | |
BRONCHITE | |
POLMONITE | |
APPARATO GASTROENTERICO | GASTROENTERITE |
VIE URINARIE | CISTITE |
PIELONEFRITE | |
CUTE | PIODERMITE, IMPETIGINE |
TABELLA 1
Individuare le cause
Come si può notare gli apparati più colpiti sono quelli respiratori, gastro-intestinali e urinari. In queste situazioni l’azione più importante da parte del pediatra è quella di valutare la possibile causa dell’infezione, attendendo qualche giorno per vedere come evolvono i sintomi e come si modificano le condizioni generali del bambino. Visto che la grande maggioranza delle infezioni è virale, occorre essere attendisti perché generalmente l’infezione virale si spegne in 2-3 giorni, e occorre solo agire con antifebbrili, antinfiammatori o cure locali in attesa dei successivi sviluppi. Il pediatra si dovrà tenere in contatto con i genitori per rassicurarli, dare le corrette indicazioni terapeutiche e programmare eventuali controlli in caso la situazione non tenda a normalizzarsi.
Oggi il pediatra ha inoltre a disposizione alcuni mezzi diagnostici, semplici e pratici, da impiegare in ambulatorio sul bambino febbrile o affetto da sospetta patologia infettiva, che consentono di sospettare una forma virale in modo da evitare l’uso improprio di antibiotici. Soprattutto il dosaggio della Proteina C Reattiva (PCR) o la lettura dell’emocromo, che si ottengono con una goccia di sangue dopo un’attesa di pochi minuti, consentono di informare i genitori sulla causa della malattia febbrile e indurli a una scelta terapeutica ottimale.
È ovvio che gli esami sono solo un supporto alla diagnosi clinica che deve sempre guidare il pediatra alla scelta più giusta e utile per il bambino. Gli antibiotici vanno quindi riservati alle forme di sicura causa batterica o comunque in situazione di rischio particolare del bambino (bambino molto piccolo, possibili complicanze, malati cronici ecc.). Si deve infatti ricordare che la somministrazione di antibiotici in forme virali non riduce il rischio di complicanza batterica, ma anzi interferisce con le difese immunitarie dell’organismo, impegnate nella battaglia contro il virus infettante.
Non esagerare
L’esagerato uso di antibiotici ha due importanti conseguenze. La prima è quella di innalzare senza ragione i costi dell’assistenza sanitaria, la seconda è quello di rendere, lentamente ma inesorabilmente, non più efficace il farmaco prescritto inutilmente. Nel tempo, tuttavia, i batteri, continuamente esposti a un certo farmaco che li uccide, imparano a difendersi, modificando le proprie caratteristiche. Emergono, cioè, ceppi batterici resistenti. Fino a quando questi batteri sono una minoranza, il loro impatto pratico resta modesto. Tuttavia, se si continua a usare quell’antibiotico, questo continuerà a eliminare i batteri sensibili ma lascerà inalterati quelli resistenti che, progressivamente, diventeranno la maggioranza. A questo punto quell’antibiotico è perso, perché usarlo vuol dire esporre il paziente a un elevato rischio di fallimento terapeutico.
Il fenomeno della selezione delle resistenze è inevitabile, perché gli antibiotici hanno una loro innegabile utilità e vi sono condizioni in cui sono indispensabili. Tuttavia, un loro impiego scriteriato accelera la selezione e accorcia inevitabilmente la vita media di un farmaco, rendendo sempre più difficile affrontare le malattie per le quali gli antibiotici servono veramente. L’antibiotico, inoltre, dovrebbe essere sempre prescritto dal pediatra di fiducia del bambino, che conosce il suo paziente e la sua storia terapeutica, che ha un rapporto positivo con la famiglia. In assenza del pediatra dovrebbe comunque essere un medico a indicare la corretta scelta antibiotica dopo un’accurata visita medica. Anche il farmacista può essere un utile riferimento delle famiglie per dare informazione sull’uso degli antibiotici, sulle loro indicazioni e sugli eventuali effetti collaterali.
La chiarezza è importante
Un altro importante punto relativo al corretto uso degli antibiotici riguarda i tempi e i modi della loro somministrazione. Quando il pediatra prescrive un antibiotico deve dare indicazioni scritte chiare e comprensibili sulla quantità di farmaco da somministrare, sul numero di somministrazioni giornaliere, sui giorni di terapia. L’antibiotico infatti non è un farmaco “sintomatico” come il paracetamolo o l’ibuprofene, che si somministrano solo in caso di febbre o dolore, ma è un prodotto che deve essere assunto in modo preciso e continuo perché deve sicuramente eliminare completamente un’infezione.
Dare un antibiotico a dosi inferiori o per un numero insufficiente di giorni, non solo non consente la guarigione e mette a rischio di recidive, ma favorisce la crescita di batteri resistenti più forti di quelli che hanno causato la malattia stessa. Altrettanto importante è rispettare il ritmo giornaliero delle somministrazioni. Ci sono antibiotici (esempio amoxicillina) che necessitano tre somministrazioni al giorno e che, se dati magari solo due volte (perché non si vuole svegliare il bambino alla sera tardi o alla notte) rischiano il fallimento terapeutico. Ogni antibiotico ha il suo metabolismo e rimane nel sangue (emivita plasmatica) per un certo numero di ore e proprio per questo necessita di specifiche modalità di assunzione giornaliera.