Il ferro è un componente essenziale per la quasi totalità degli esseri viventi, salvo rare eccezioni come alcune specie di batteri. L’OMS stima che due miliardi di individui, pari al 30% della popolazione mondiale, soffrano di anemia, nel 50-80% dei casi dovuta proprio a mancanza di ferro, alla quale è più predisposto il sesso femminile.
A livello globale la carenza di ferro ha notevole impatto sanitario e sociale, in quanto responsabile della compromissione dello sviluppo cerebrale nei bambini, di esiti avversi della gravidanza, ridotte capacità fisiche e lavorative negli adulti e declino cognitivo negli anziani.
Carenza di ferro nella prima infanzia
Nel lattante il deficit di ferro è una condizione molto seria per tre principali ragioni:
- l’elevato fabbisogno imposto dalla crescita
- il consumo delle riserve di per sé povere (nati a termine sono in genere sufficienti a soddisfare le necessità soltanto fino al quarto-sesto mese di vita)
- un apporto dietetico non sempre adeguato, soprattutto nel corso dello svezzamento e del progressivo consolidamento di nuove abitudini e preferenze.
I dati ufficiali consentono di tracciare un profilo più drammatico di quanto si potrebbe immaginare: in Europa, nei primi due anni d’età, la carenza di ferro interessa tra il 9 e il 34% dei bambini, mentre l’anemia tra il 3 e l’8%. Indipendentemente dalla presenza o no di anemia, però, il deficit di ferro dà luogo nei bambini piccoli a una sintomatologia subdola: calo della vivacità, facile affaticabilità, scarsa capacità di mantenere l’attenzione, tendenza a isolarsi. Più esposti sono gli allattati al seno: nel latte materno, infatti, il ferro, che è molto assorbibile, si riduce dopo il sesto mese, epoca in cui oltre il 90% del fabbisogno deve essere soddisfatto dagli alimenti. Si spiega così perché l’inizio tempestivo dello svezzamento e un’eventuale supplementazione prescritta dal pediatra sono di particolare rilevanza.
Più a rischio i bambini obesi
L’obesità è la patologia nutrizionale più diffusa in Italia, che interessa tuttora il 10% dei bambini. Malgrado il suo aspetto florido, nel bambino obeso, al maggior fabbisogno marziale e a un apporto dietetico non sempre ottimale si associa anche una maggior produzione di una proteina (epcidina) che riduce l’assorbimento intestinale di ferro. La carenza che ne consegue si ripercuote poi sul sistema nervoso centrale, con implicazioni sulla motricità fine e grossolana, sulle capacità visive, sull’apprendimento e sulla funzione cognitiva.
Deficit di ferro in adolescenza
Anche l’adolescenza è un momento critico: si stima che 1 ragazzo su 5 abbia carenza di ferro. D’altra parte lo sviluppo puberale si associa a una maggiore probabilità di carenza marziale per numerose ragioni, tra cui: dieta inadeguata, con scarso apporto di ferro, acido folico, vitamine A, B12 e D; sovrappeso e obesità: pratica di attività sportive intense (”anemia degli atleti”); assunzione di sostanze (per esempio fitati, ossalati, fosfati) e farmaci che inibiscono l’assorbimento di ferro (antiacidi, acido acetilsalicilico, antinfiammatori); menarca e cicli mestruali, spesso abbondanti e irregolari. È importante sospettare il deficit di ferro prima che diventi sintomatico, ma l’adolescente può porre qualche criticità a causa di una maggiore difficoltà di dialogo e talvolta dell’adozione di orientamenti o abitudini dietetiche predisponenti a un apporto ridotto o insufficiente di ferro.
Il fabbisogno di ferro in gravidanza
In gravidanza le donne necessitano di un apporto aggiuntivo di ferro dovuto all’espansione del volume di sangue e alla necessità di soddisfare le richieste del feto. L’anemia da carenza di ferro (sideropenica) in gravidanza registra una frequenza in tutto il mondo dal 35 al 75% e in Europa, in particolare, del 22% e può portare a gravi complicanze materne, come una maggiore suscettibilità alle infezioni e l’aumento del rischio e dell’entità di emorragie prima e durante il parto. L’anemia da carenza di ferro in gravidanza può anche avere un impatto negativo sulla prole, con conseguente aumento del rischio di parto prematuro e basso peso alla nascita, e ritardo dello sviluppo cognitivo e aumento della morbilità. Secondo alcuni studi, inoltre, livelli inadeguati di ferro nel corso della gravidanza tenderebbero ad associarsi a incremento del rischio cardiovascolare per il nascituro in età adulta. I sintomi della carenza di ferro (in particolare stanchezza e depressione) possono inoltre influenzare negativamente la relazione madre-figlio. Va infine ricordato che in gravidanza la donna vegetariana, e ancora di più quella vegana, devono essere seguite da specialisti che siano a conoscenza di questi aspetti nutrizionali, per poterla consigliare adeguatamente su come integrare la sua dieta (a fronte della scarsa disponibilità di vitamina B12 e ferro nelle fonti vegetali) al fine di evitare carenze.
I sintomi da carenza di ferro più comuni
La carenza di ferro si accompagna a una sintomatologia variabile in funzione della gravità e della rapidità dell’anemia, caratterizzata da pallore, affaticabilità, astenia (stanchezza), tachicardia (aumento della frequenza cardiaca), difficoltà di concentrazione e memoria, irritabilità, diradamento e fragilità di unghie e capelli e, nelle forme più avanzate, alterazioni della mucosa labiale e orale.
Le fonti naturali di ferro
Le principali fonti alimentari sono carne e pesce (in cui è presente sotto forma di ferro eme, caratterizzato da una biodisponibilità del 25%), legumi e verdure a foglia verde (come ferro non eme, la cui biodisponibilità è più bassa e sottoposta all’interferenza di composti presenti negli alimenti, quali nitrati, fosfati, fitati, ossalati e tannini).