La dieta a basso contenuto di FODMAP riduce l’entità dei sintomi della sindrome del colon irritabile e migliora lo stato di benessere del paziente
La sindrome dell’intestino irritabile (SII) è un “disturbo funzionale intestinale in cui il dolore o il fastidio addominale sono alleviati dalla defecazione e associati a un cambiamento della frequenza delle evacuazioni e/o della consistenza delle feci (in senso stitico, diarroico o alternante)”. Il dolore o il fastidio addominale, di intensità variabile, solitamente diurno e prevalentemente episodico crampiforme, può manifestarsi in qualsiasi quadrante dell’addome (sebbene più frequentemente in quelli inferiori), può migrare da un quadrante all’altro e spesso viene esacerbato dall’assunzione dei pasti o da stress emozionali. Altri sintomi riconducibili alla sindrome sono la sensazione di evacuazione incompleta (tenesmo), presenza di muco bianco-giallastro nelle feci, gonfiore o sensazione di distensione addominale con meteorismo. Il quadro sindromico, inoltre, può sovrapporsi con alcuni sintomi tipici dei disturbi funzionali del tratto superiore dell’apparato digerente: eruttazioni, nausea, difficoltà digestive (dispepsia), bruciore retrosternale (pirosi), sporadici episodi di vomito. Nel nostro Paese, la prevalenza della SII è maggiore nella fase giovanile-adulta (20-50 anni) e interessa quasi l’11% della popolazione femminile e il 5,4% di quella maschile.
Eziopatogenesi della SII
Nella fisiopatologia ancora poco chiara della SII giocano un ruolo determinante l’ereditarietà, l’ambiente e fattori psicosomatici. Evidenze attuali fanno ipotizzare che la sindrome possa dipendere dall’interazione fra diversi fattori eziopatogenici, la cui importanza può variare da soggetto a soggetto: familiarità, scorrette abitudini alimentari, disturbi della motilità gastrointestinale particolarmente nel periodo postprandiale, iperalgesia viscerale ossia l’aumentata sensibilità al dolore da parte del soggetto, infezioni gastrointestinali di origine batterica, squilibrio del microbiota intestinale con diminuzione della flora bifidogena e dei lattobacilli, infiammazione mediata da stimoli neurogeni, alterazione della funzionalità immunitaria, stress accompagnato da disturbi d’ansia e depressione. Una moltitudine di fattori che coinvolgono in definitiva la rete psiconeuroendocrinoimmunitaria (PNEI) e che possono pertanto destabilizzare il delicato equilibrio tra psiche e sistemi di regolazione fisiologica dell’organismo umano (sistema endocrino, nervoso e immunitario).
La dieta nella SII
Come premesso, oltre a ritmi di vita frenetici la SII può dipendere anche da scelte o comportamenti alimentari scorretti. Tra questi l’abitudine di mangiare frettolosamente senza un’adeguata masticazione, il consumo di pasti troppo copiosi, particolarmente ricchi in grassi o di difficile digestione (fritture o cotture prolungate), impiego di salse soprattutto se grasse o molto speziate, assunzioni di superalcolici, bevande gassate, ghiacciate, troppo calde o irritanti (caffè), l’abitudine alla gomma da masticare, smodate introduzioni di alimenti ad alto contenuto in carboidrati (CHO). In particolare, secondo una ricerca australiana, determinati gruppi di CHO fermentabili (lattosio, fruttosio, fruttani, galattani e polialcoli), noti come FODMAP (acronimo inglese che sta per Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi e Polioli fermentabili), sarebbero in grado di accentuare, in soggetti predisposti, i disturbi intestinali associabili alla SII. Tali composti, presenti in diversi alimenti tra cui cereali contenenti glutine (frumento, orzo, segale, farro) risultano scarsamente digeribili a causa della ridotta attività o addirittura per la mancanza di enzimi specifici per la loro digestione (oligosaccaridi). Presentano inoltre un rallentato assorbimento a livello del primo tratto intestinale dovuto al loro lento meccanismo di trasporto (fruttosio) o alle considerevoli dimensioni molecolari che ne impediscono il passaggio per semplice diffusione (polialcoli). Il conseguente malassorbimento intestinale dei FODMAP può pertanto esacerbare, in soggetti particolarmente predisposti, la sintomatologia tipica della sindrome. Queste sostanze risultano infatti osmoticamente attive e quindi, se consumate in eccesso, richiamano acqua nel colon provocando diarrea; a motivo inoltre della rapida metabolizzazione ad opera della flora batterica intestinale fermentano, accentuando in tal modo a livello enterico il meteorismo, gonfiore, distensione e dolori addominali.
Conclusioni
Diversi studi sembrano ormai confermare gli effetti positivi della dieta a basso contenuto di FODMAP nel ridurre sia la frequenza che l’intensità dei sintomi della SII, migliorando oggettivamente il gonfiore e il dolore addominale e quindi lo stato di benessere del paziente. Il razionale dietetico consigliato prevede una contemporanea riduzione delle fonti alimentari che possono esacerbare la sintomatologia della sindrome, una riduzione quindi dei cibi ad alto contenuto in FODMAP e degli alimenti verso i quali il paziente avverte un soggettivo disagio gastrointestinale a seguito della loro ingestione.
Al fine di evitare diete monotone o squilibri alimentari, la restrizione quantitativa di tali sostanze presuppone una pressoché totale sostituzione dei cibi ad alto contenuto in FODMAP con alimenti nutrizionalmente simili, appartenenti allo stesso gruppo alimentare ma con basso contenuto in FODMAP; senza escludere comunque un consumo sporadico e limitato di alimenti potenzialmente a rischio, alternandoli secondo il paradigma dietetico della “dieta di rotazione”. Facciamo un esempio: se decido di consumare cereali e derivati (pane, pasta, pizza ecc.) contenenti glutine e oligosaccaridi il sabato o la domenica, dovrò poi escluderli tre giorni per tornare a riassumerli il mercoledì o il giovedì. Nelle giornate di astensione, tali alimenti verranno a loro volta avvicendati con cereali (e loro derivati) privi di glutine e con basso contenuto in oligosaccaridi come il riso, mais, miglio ecc.